Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, se congruamente motivata e conforme ai canoni della logica e dell'esperienza comune, non è sindacabile in sede di legittimità, ove il giudice di cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma deve limitarsi a verificare la compatibilità della motivazione adottata con il senso comune e i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Pertanto, i motivi di ricorso che si risolvono in interpretazioni alternative delle medesime prove, senza cogliere profili di illogicità o irrazionalità della motivazione, sono inammissibili. Analogamente, la determinazione della pena, se adeguatamente motivata con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., non è censurabile in sede di legittimità, essendo sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dalla norma, quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio delle attenuanti generiche.