Il decreto del tribunale che dichiara l'inammissibilità della proposta di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 162, comma 2, della legge fallimentare, ovvero che revoca l'ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173, senza emettere la conseguente sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto non ha carattere decisorio, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi e, pertanto, non è idoneo al giudicato. Tale decreto, infatti, non risolve definitivamente la controversia, ma si limita a dichiarare l'inammissibilità della proposta di concordato o a revocare l'ammissione alla procedura, senza pronunciarsi sulla dichiarazione di fallimento, la quale costituisce l'atto conclusivo del procedimento. Di conseguenza, il provvedimento in questione non è impugnabile con il ricorso per cassazione, in quanto privo dei requisiti di definitività e decisorietà necessari per l'accesso a tale rimedio straordinario. La ratio di tale principio risiede nell'esigenza di evitare un inutile aggravio del contenzioso, in quanto il provvedimento di revoca o di inammissibilità del concordato non esaurisce la vicenda processuale, la quale prosegue con la dichiarazione di fallimento. Pertanto, il ricorso per cassazione avverso il decreto di revoca o di inammissibilità del concordato preventivo è inammissibile.