Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2972 del 25 gennaio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:2972PEN

Massima

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Il dolo nella diffamazione non richiede necessariamente l'intenzione di offendere la reputazione altrui, essendo sufficiente la coscienza e volontà della condotta di comunicazione dell'addebito offensivo ad almeno due persone, unitamente alla consapevolezza dell'idoneità delle espressioni adottate a menomare apprezzabilmente la reputazione del soggetto passivo, anche a titolo di dolo eventuale, purché l'agente si rappresenti il fatto che le sue parole vanno ad assumere un significato offensivo, in quanto appaiono destinate ad aggredire la reputazione altrui. Pertanto, il giudice non può desumere l'insussistenza dell'elemento psicologico del reato di diffamazione unicamente dalle particolari finalità e motivazioni dell'agente, confondendo i piani di indagine dell'elemento oggettivo e soggettivo della fattispecie.

Sentenza completa

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Pretore di Roma, con sentenza 22.9.1999, ritenne M. G.responsabile di diffamazione, aggravata dall'attribuzione del fatto determinato, in persona di M. P. P.
Il M., titolare della s.r.l. E., affidataria della gestione di un'area nell'ambito di una manifestazione sportiva di interesse nazionale, aveva inviato una lettera raccomandata ai responsabili della s.p.a. E. -facente parte del gruppo I. 80, affidante- ricordando che dal credito da questa vantato nei propri confronti doveva scomputarsi la somma di L. 20.000.000 già percepite "con prelevamenti effettuati sulla cassa del bar sita al villaggio comunale in nome e per conto vostro" dal detto M., al cui figlio egli aveva "girato" la cura del servizio; il primo giudice apprezzò in tale fatto il discredito del M. (licenziato "conseguentemente" dalla dirigenza I.), essendo stato rappresentato sostanzialmente un fatto di indebite appropriazioni. L'imputato…

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