Il pubblico ufficiale che appone una falsa data di ricezione su documenti presentati da un privato, al fine di giustificare indebitamente le assenze dal lavoro di quest'ultimo, commette il reato di falso ideologico in atto pubblico, anche qualora tale condotta non abbia determinato un effettivo pregiudizio. Infatti, la falsità documentale integra di per sé il reato, a prescindere dall'effettiva incidenza sulla sfera giuridica altrui, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a ledere la fede pubblica riposta nell'atto. Inoltre, l'elemento psicologico del reato è integrato dalla coscienza e volontà di compiere l'azione falsa, non essendo necessario il fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare un danno. Pertanto, il giudice di merito, nel valutare la sussistenza del reato, deve attenersi alle risultanze probatorie acquisite nel processo, senza che le relative valutazioni possano essere censurate in sede di legittimità, se sorrette da adeguata motivazione. In definitiva, il pubblico ufficiale che alteri consapevolmente la veridicità di un atto pubblico, anche in assenza di un concreto pregiudizio, commette il reato di falso ideologico, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a ledere la fede pubblica riposta nell'atto.