Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La nozione di "sentenza di proscioglimento" contenuta nella disciplina transitoria di cui all'art. 10, comma 2, della legge n. 46 del 2006 non ricomprende la sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare. Di conseguenza, l'appello proposto dal Procuratore generale contro una sentenza di non luogo a procedere, prima dell'entrata in vigore della legge n. 47 del 2006, deve ritenersi ancora valido ed efficace, con la conseguenza che gli atti vanno trasmessi alla Corte d'appello competente per il relativo giudizio, previo annullamento senza rinvio dell'ordinanza di inammissibilità del gravame. Tale principio si fonda sulla necessità di garantire il diritto di impugnazione del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento, in ossequio ai principi di parità tra le parti, ragionevole durata del processo e giusto processo, nonché al principio di obbligatorietà dell'azione penale. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 4 del 2008, ha infatti evidenziato l'esistenza di un "diritto vivente" secondo cui la formula "sentenza di proscioglimento" non ricomprende le sentenze di non luogo a procedere, rilevando come il mancato esame di tale possibile soluzione interpretativa da parte dei giudici rimettenti abbia comportato un difetto dell'onere di verificare la sussistenza di un'analisi ermeneutica alternativa idonea ad escludere i dubbi di costituzionalità.