Il possesso e l'uso di un documento contraffatto, come un visto Schengen, integrano il reato di cui all'art. 469 c.p., anche quando la falsificazione sia stata materialmente compiuta all'estero, poiché la condotta di utilizzo del documento falso si consuma interamente nel territorio nazionale, conferendo così la giurisdizione all'autorità giudiziaria italiana. Ai fini dell'esclusione della punibilità per inidoneità dell'azione ai sensi dell'art. 49 c.p., la falsificazione del documento deve risultare talmente evidente da impedire qualsiasi possibilità di inganno della pubblica fede e deve essere riconoscibile "ictu oculi", ovvero in base alla sola visione del documento, da chiunque. Pertanto, quando la contraffazione non sia immediatamente riconoscibile, ma emerga solo a seguito di accertamenti tecnici, il reato di uso di atto falso è configurabile. La richiesta di accesso a un rito alternativo, formulata per la prima volta all'udienza di appello e non contestualmente all'impugnazione, deve essere considerata tardiva, in quanto l'imputato, anche se non formalmente a conoscenza della sentenza di condanna per essere stato notificato l'estratto contumaciale al difensore d'ufficio, aveva comunque avuto conoscenza del procedimento a seguito di atti compiuti dalla polizia giudiziaria.