Il giudice di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna per il reato di ricettazione, afferma il principio secondo cui: La mancata rappresentazione in sede di legittimità dello stato di detenzione dell'imputato durante il giudizio di appello, nonché la genericità delle censure difensive avverso l'affermazione di responsabilità e la contestata recidiva, comportano l'inammissibilità del ricorso per cassazione, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, commisurata all'effettivo grado di colpa dello stesso nella determinazione della causa di inammissibilità. Il giudice di legittimità, infatti, rileva che il presunto stato di detenzione dell'imputato non risulta documentato in ricorso, essendo oggetto di mere deduzioni difensive assertive, mentre le censure avverso l'affermazione di responsabilità e la contestata recidiva sono state formulate in modo generico e incomprensibile. Pertanto, l'inammissibilità del ricorso, pronunciata ai sensi dell'art. 606 c.p.p., è conseguenza della mancata allegazione di elementi fattuali e giuridici idonei a sostenere validamente i motivi di impugnazione, con conseguente applicazione delle sanzioni previste per tale ipotesi.