Il potere repressivo degli abusi edilizi, inclusa l'adozione di un provvedimento sfavorevole su un'istanza di sanatoria, costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa e vincolata, che non richiede la comunicazione di avvio del procedimento o il preavviso di rigetto. L'esercizio di tale potere non è caratterizzato da termini perentori e non si consuma con il decorso del termine di conclusione del procedimento, in quanto l'inerzia della Pubblica Amministrazione protratta nel tempo non ingenera un legittimo affidamento in capo al privato che abbia costruito senza titolo. L'onere di fornire la prova dell'epoca di realizzazione dell'abuso edilizio e della distanza dalla battigia superiore a 150 metri al momento dell'edificazione incombe sull'interessato, non sull'Amministrazione, la quale ha solo il potere-dovere di sanzionare l'opera non assistita da un titolo che la legittimi. Il mero trascorrere del tempo non assume rilievo ai fini della repressione dell'abuso edilizio, né è necessaria una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell'abuso, non potendosi ammettere l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva.