Il giudice, nel valutare la conformità della retribuzione prevista dal contratto collettivo ai requisiti di proporzionalità e sufficienza di cui all'art. 36 Cost., non è vincolato dalla sola applicazione del contratto collettivo, ma può discostarsi da esso, anche in presenza di organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, qualora ritenga che il trattamento economico ivi previsto non sia adeguato a garantire al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente ad assicurare a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. A tal fine, il giudice può utilizzare come parametri di riferimento altri contratti collettivi relativi a settori analoghi o affini, nonché indicatori socio-economici e statistici elaborati da enti pubblici, come il livello di povertà assoluta calcolato dall'ISTAT, senza che ciò comporti una violazione del principio di libertà sindacale di cui all'art. 39 Cost. o del principio di autonomia delle parti sociali nella determinazione del trattamento retributivo. Il giudice, infatti, nell'esercizio del suo potere discrezionale di adeguamento della retribuzione ai parametri costituzionali, non altera il rapporto tra gli artt. 36 e 39 Cost., ma interviene in funzione correttiva rispetto a scelte delle organizzazioni sindacali che si rivelino palesemente inadeguate, al fine di assicurare il rispetto del precetto costituzionale della giusta retribuzione.