Il giudice della riparazione per ingiusta detenzione, nel valutare la sussistenza della colpa grave ostativa al riconoscimento dell'indennizzo, non è vincolato all'accertamento di responsabilità penale compiuto nel giudizio di merito, ma deve autonomamente accertare, sulla base di tutti gli elementi probatori disponibili e secondo un giudizio ex ante, se la condotta del richiedente, pur non integrante reato, abbia comunque costituito il presupposto che ha ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale. Pertanto, la condotta di connivenza, consistente nella consapevole agevolazione delle condotte illecite di altri soggetti attraverso la tenuta della contabilità, la gestione di rilevanti somme di denaro e la cura degli interessi di familiari coinvolti in attività delittuose, può essere ritenuta causa ostativa al riconoscimento dell'ingiustizia della detenzione, in quanto indice del venir meno di elementari doveri di solidarietà sociale e di oggettivo rafforzamento della volontà criminosa degli autori del reato, a prescindere dall'accertamento di una diretta responsabilità penale.