La partecipazione organica e perdurante di un soggetto a un'associazione di tipo mafioso, accertata anche con sentenza definitiva, costituisce grave indizio di colpevolezza per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., desumibile dalle risultanze delle intercettazioni ambientali e telefoniche che dimostrino il suo coinvolgimento in attività e dinamiche tipiche della consorteria criminale, come la pianificazione di iniziative intimidatorie, il controllo di attività economiche e i rapporti con esponenti di altre famiglie mafiose, senza che sia necessario l'accertamento di specifici contributi materiali alla conservazione e al rafforzamento dell'associazione. L'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione. Quanto alle aggravanti di cui all'art. 416-bis, commi 4 e 6 c.p., il ricorrente difetta di interesse a contestarne l'applicazione, in quanto la mera partecipazione al sodalizio mafioso integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare ex artt. 274 e 275 c.p.p., indipendentemente dalla configurabilità di tali circostanze aggravanti.