Il diritto di critica trova il suo limite nel superamento della continenza, quando le espressioni utilizzate risultino gravemente infamanti e inutilmente umilianti, travalicando la mera aggressione verbale del soggetto criticato. Affinché l'esimente del diritto di critica possa essere riconosciuta, è necessario che quanto riferito rispetti il nucleo di veridicità e non trasmodi in gratuiti attacchi alla sfera personale del destinatario. La qualifica di rappresentante sindacale, ove non risulti provata, non è di per sé sufficiente a giustificare l'utilizzo di espressioni lesive dell'onore e della reputazione altrui. La diffamazione, anche se commessa nei confronti di un pubblico ufficiale, integra il reato di cui all'art. 595 c.p. qualora le parole utilizzate siano idonee a ledere la dignità e il decoro della persona offesa, indipendentemente dalla veridicità dei fatti esposti. In tali casi, la valutazione della sussistenza dell'esimente del diritto di critica deve essere effettuata con particolare rigore, al fine di tutelare il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice.