Il termine breve per l'impugnazione della sentenza di appello che decide l'opposizione allo stato passivo del fallimento, previsto dall'art. 99 della legge fallimentare, decorre dalla notifica della sentenza al procuratore costituito del ricorrente, ai sensi dell'art. 330 c.p.c., ed è rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione, in quanto caratterizzato da perentorietà. Pertanto, il ricorso per cassazione proposto oltre tale termine, ridotto alla metà rispetto a quello ordinario, è inammissibile. La Corte di cassazione, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso per tardività, afferma che la disciplina degli artt. 326 e 327 c.p.c. ha carattere di "lex generalis" rispetto al procedimento di opposizione allo stato passivo del fallimento, in seguito alla declaratoria di incostituzionalità della previsione dell'art. 99, comma 5, l.f. che faceva decorrere il termine per impugnare dalla data di affissione della sentenza. Pertanto, il termine breve per l'impugnazione in cassazione, essendo perentorio e rilevabile d'ufficio, comporta l'inammissibilità del ricorso proposto oltre tale termine, a prescindere dalla conoscenza effettiva della sentenza da parte del ricorrente. La massima sottolinea l'importanza del rispetto dei termini processuali, in particolare in ambito fallimentare, al fine di garantire la celerità e l'efficienza del procedimento. Essa evidenzia altresì come la Corte di cassazione, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso, abbia applicato in modo rigoroso la disciplina generale del processo civile, in assenza di una specifica previsione normativa in materia fallimentare, a tutela del principio di parità delle parti e di ragionevole durata del processo.