Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, essendo un reato permanente, può protrarsi anche dopo l'emissione di una precedente ordinanza cautelare per un diverso reato, di modo che il presupposto dell'anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza rispetto alla prima, richiesto ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi dell'art. 297, comma 3, c.p.p., non ricorre. Inoltre, ai fini dell'applicazione del principio del "ne bis in idem" di cui all'art. 649 c.p.p., per "medesimo fatto" deve intendersi l'identità degli elementi costitutivi del reato (condotta, evento e nesso causale) considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente più disposizioni di legge. Infine, in sede di ricorso per cassazione, la ricostruzione alternativa dei fatti prospettata dal ricorrente deve essere inconfutabile ed evidente, non rappresentando una mera ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza.