Il rapporto di lavoro autonomo convenzionato tra i medici di medicina generale e le Aziende Sanitarie Locali, disciplinato dall'art. 8 del D.Lgs. n. 502/1992 e dagli accordi collettivi nazionali, pur essendo finalizzato al soddisfacimento delle esigenze istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale, si svolge su un piano di parità tra le parti, senza che l'amministrazione sanitaria possa esercitare poteri autoritativi, se non quelli di mera sorveglianza. Pertanto, le controversie relative ai diritti soggettivi del medico convenzionato, anche quando siano dedotte illegittimità di atti regolamentari o provvedimenti dell'amministrazione, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, il quale può eventualmente disapplicare tali atti. Soltanto la fase di individuazione delle zone carenti e di formazione delle graduatorie dei medici addetti ai servizi di continuità assistenziale appartiene alla cognizione del giudice amministrativo, in quanto in tali fattispecie la posizione giuridica vantata dai candidati è quella di interesse legittimo. Inoltre, l'omessa o tardiva impugnazione dell'atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l'atto consequenziale, salvo che non emergano vizi propri che possano connotare un'autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione.