Il mancato rispetto delle distanze minime tra pareti finestrate di edifici diversi, previste dall'art. 9 del D.M. n. 1444/1968 e dall'art. 30 del Regolamento edilizio comunale, costituisce un autonomo motivo ostativo al rilascio del permesso di costruire, anche qualora i due edifici siano funzionalmente collegati al piano interrato e presentino una continuità di utilizzo, in assenza di una effettiva unità architettonica e strutturale che li configuri come un unico fabbricato. Il rispetto delle distanze minime tra pareti finestrate è infatti preordinato a garantire adeguate condizioni igienico-sanitarie, indipendentemente dalla circostanza che gli edifici appartengano al medesimo complesso immobiliare. Pertanto, il diniego di permesso di costruire è legittimo qualora il progetto non assicuri il rispetto di tali distanze minime, a prescindere dalla valutazione circa la legittimità dell'applicazione del beneficio volumetrico previsto dalla normativa regionale sul "Piano Casa". L'accertamento della violazione di una sola delle autonome ragioni ostative al rilascio del titolo edilizio è sufficiente a determinare il rigetto del ricorso, senza necessità di esaminare gli ulteriori profili di illegittimità dedotti.