Cassazione penale Sez. V sentenza n. 47143 del 13 dicembre 2022

ECLI:IT:CASS:2022:47143PEN

Massima

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Il vincolo associativo di stampo mafioso si caratterizza per la sussistenza di tre elementi fondamentali: un vincolo associativo tendenzialmente permanente o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; un programma criminoso tendenzialmente indeterminato, che distingue il reato associativo dall'accordo che sorregge il concorso di persone nel reato; una struttura organizzativa, sia pur minima, ma comunque idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira. Il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli del vicendevole ausilio che le attività proprie e altrui ricevono e dell'unitaria contribuzione all'attuazione dello scopo comune, desumibile anche dalle modalità esecutive dei reati-scopo, dalla loro ripetizione, dai contatti fra gli autori, dall'uniformità delle condotte, specie se protratte per un tempo apprezzabile. Ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell'affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l'esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato. La condotta di partecipazione, con particolare riferimento all'associazione di stampo mafioso, si sostanzia per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Una volta dimostrata l'esistenza di una associazione per delinquere e individuati gli elementi, anche indiziari, sulla base dei quali possa ragionevolmente affermarsi la cointeressenza di taluno nelle attività dell'associazione stessa e quindi la partecipazione alla vita di quest'ultima, non occorre anche la dimostrazione del ruolo specifico svolto da quel medesimo soggetto nell'ambito dell'associazione, potendosi la partecipazione al sodalizio criminoso, per sua stessa natura, realizzarsi nei modi più svariati, la cui specificazione non è richiesta dalla norma incriminatrice e non può, quindi, essere richiesta nemmeno nella sentenza di condanna. L'obbligo di motivazione imposto al giudice dell'impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti formulate dal ricorrente, essendo sufficiente che il suo percorso argomentativo indichi le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostri di aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio. Il difetto di motivazione, quale status patologico posto a presidio del devolutum e rilevante a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), si prospetta quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell'affermazione di responsabilità dell'imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello, che, tuttavia, abbiano "potenziale capacità dimostrativa della insussistenza delle contestazioni" e, quindi, siano decisive nel complessivo impianto argomentativo sotteso alla decisione. L'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità, essendo possibile prospettare un'interpretazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta - Consigliere

Dott. BORRELLI Paola - Consigliere

Dott. CUOCO Michele - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30 maggio 2021, della Corte d'appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dr. MICHELE CUOCO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. LETTIERI NICOLA, che ha concluso per l'inammissibilita' d…

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