Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) si configura quando la condotta dell'agente, reiterata nel tempo, cagiona un mutamento delle abitudini di vita della persona offesa e un perdurante stato di ansia e paura in capo alla stessa, a prescindere dalla verificazione di uno degli eventi-conseguenza espressamente previsti dalla norma. L'elemento soggettivo del dolo è integrato dalla consapevolezza e volontà di porre in essere una condotta idonea a cagionare tali effetti, senza che sia necessaria la finalità di perseguire uno scopo specifico. Nell'applicazione della sospensione condizionale della pena, il giudice non ha l'obbligo di esaminare tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., potendo limitarsi a valorizzare quelli ritenuti prevalenti in senso ostativo, come la non modesta durata della condotta e la pervicacia del reo, anche in relazione alle sue condizioni di disadattamento sentimentale che non hanno inciso sulla capacità di intendere e di volere.