Il provvedimento con cui il pubblico ministero rigetta l'istanza di revoca dell'ordine di cattura, rimasto ineseguito, proposta ai sensi dell'art. 260 cod. proc. pen. - in quanto atto di esercizio di un potere giurisdizionale in materia di libertà personale, attribuito dall'ordinamento ad un organo giurisdizionale, da parte di un organo non giurisdizionale, quale è indubbiamente, nel sistema processuale vigente, il pubblico ministero - costituisce, un provvedimento abnorme, contro il quale è esperibile il ricorso per cassazione, non essendo applicabile all'impugnazione dei provvedimenti abnormi il principio di tassatività fissato dall'art. 190 cod. proc. pen., che limita il ricorso per cassazione contro i provvedimenti in materia di libertà personale, quando non siano altrimenti impugnabili, ai provvedimenti adottati dal giudice, essendo venuta meno - in seguito alla sostituzione dell'art. 263 bis (nel testo introdotto con l'art. 8 della legge 18 giugno 1955, n. 517) con il testo riformulato con l'art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 352, e ulteriormente modificato con l'art. 19 della legge 28 luglio 1984, n. 398 - l'unica ipotesi in cui era prevista l'impugnazione con ricorso per cassazione di provvedimenti giurisdizionali, quali gli ordini di cattura e di arresto, emessi dal pubblico ministero.