Il giudice, nel valutare la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p. e nel motivare la scelta della misura cautelare ai sensi dell'art. 292, comma 2, lett. c) c.p.p., è tenuto a effettuare una rigorosa e complessiva valutazione dei comportamenti e delle modalità di realizzazione dei fatti attribuiti all'indagato, nonché a considerare con particolare attenzione il tempo trascorso dalla commissione del reato. Infatti, all'aumentare del periodo di tempo intercorso tra il fatto e l'applicazione della misura, vi è un proporzionale affievolimento delle esigenze cautelari, in ragione del quale il giudice è gravato di un onere motivazionale più stringente circa l'attualità e l'intensità del pericolo di reiterazione del reato. Pertanto, la mancata valutazione della distanza temporale dal fatto, in presenza di un significativo lasso di tempo, determina un vizio di motivazione dell'ordinanza cautelare, che deve essere annullata e rinviata al giudice del riesame per un nuovo esame.