Il giudice può correggere d'ufficio gli errori materiali contenuti nel dispositivo della sentenza, senza necessità di formalità, al fine di assicurare la correttezza e la completezza della pronuncia giurisdizionale. L'errore materiale, consistente in un mero refuso o svista, non incide sulla validità della decisione e può essere rettificato in qualsiasi momento, anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, in applicazione dei principi di economia processuale e di tutela dell'effettività della giustizia. La correzione dell'errore materiale, essendo un mero adempimento formale, non richiede il contraddittorio delle parti, in quanto non implica una modifica del contenuto sostanziale della pronuncia, ma solo l'adeguamento del testo alle reali intenzioni del giudice. Il potere di correzione degli errori materiali, previsto dagli articoli 130 e 625-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento essenziale per assicurare l'integrità e la correttezza formale delle decisioni giurisdizionali, a tutela dell'affidamento delle parti e della certezza del diritto.