La partecipazione ad un'associazione con finalità di terrorismo internazionale può essere provata anche attraverso le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, purché sorrette da elementi di riscontro, anche indiretti, che ne confermino l'attendibilità e la rilevanza probatoria. A tal fine non è necessaria una perfetta coincidenza tra le condotte specificamente contestate e quelle riferite dai collaboratori, essendo sufficiente che emerga il contributo del soggetto alla struttura organizzata del sodalizio e la condivisione dei suoi scopi eversivi. Pertanto, il giudice di merito non può escludere la responsabilità dell'imputato sulla base di rilievi meramente formali, come la mancata esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare, la declaratoria di prescrizione di alcuni reati o l'assenza di riscontri diretti a determinate condotte, senza valutare complessivamente il quadro probatorio, anche indiziario, che emerga dalle dichiarazioni dei collaboratori e dagli altri elementi di prova acquisiti, in un'ottica di convergenza del molteplice. Il giudice di appello, nel riformare la decisione di primo grado, ha l'obbligo di esternare il proprio procedimento alternativo di valutazione del materiale probatorio, confutando in modo specifico gli argomenti della motivazione della sentenza riformata.