Cassazione penale Sez. III sentenza n. 21049 del 28 maggio 2021

ECLI:IT:CASS:2021:21049PEN

Massima

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Il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309/1990, si configura quando un gruppo di persone si organizza in modo stabile e duraturo per il perseguimento dello scopo comune di commettere più delitti di spaccio di droga, anche attraverso una minima struttura organizzativa, senza che sia necessaria la stipula di un patto espresso tra gli associati, essendo sufficiente la condivisione dell'attività illecita. La partecipazione all'associazione può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purché connotati da elementi che rivelino un ruolo specifico e funzionale dell'agente alle dinamiche operative e di crescita del sodalizio, con la consapevolezza e volontà di farne parte. Ai fini della configurabilità del reato associativo, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l'esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito. La fattispecie di cui all'art. 74, comma 6, D.P.R. n. 309/1990, che prevede l'ipotesi attenuata di associazione finalizzata a commettere fatti di lieve entità, richiede che tutti i singoli reati-fine siano sussumibili nella fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, del medesimo decreto, non essendo sufficiente che solo alcuni di essi presentino tale caratteristica. La valutazione dell'offensività della condotta ai fini del riconoscimento della fattispecie di lieve entità non può essere ancorata solo al quantitativo singolarmente spacciato o detenuto, ma deve tenere conto delle concrete capacità di azione del soggetto e delle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all'entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere le condotte illecite al riparo da controlli e azioni repressive. Nell'ambito del potere discrezionale di commisurazione della pena, il giudice deve valutare gli elementi che attengono alla gravità del fatto e alla capacità a delinquere e indicare tra questi quelli che ritiene rilevanti ai fini della determinazione concreta della pena da infliggere, senza l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca - Presidente

Dott. CERRONI Claudio - Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere

Dott. GENTILI Andrea - Consigliere

Dott. GAI Emanuela - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/09/2019 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emanuela Gai;
letta …

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