Cassazione penale Sez. I sentenza n. 36418 del 30 ottobre 2002

ECLI:IT:CASS:2002:36418PEN

Massima

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La detenzione illegale di munizioni da guerra, anche da parte di soggetti appartenenti alle Forze Armate, integra il reato di cui all'art. 2 della legge n. 895/1967, a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, e non il reato militare di cui all'art. 166 c.p.m.p., volto a reprimere la distrazione di beni destinati alle Forze Armate. Pertanto, in caso di concorso tra i due reati, la competenza spetta al giudice ordinario, in applicazione dell'art. 103, comma 3, della Costituzione, che attribuisce al giudice ordinario la cognizione dei reati commessi da militari nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, quando non riguardino l'ordinamento e la disciplina militari. Le munizioni cal. 9 "parabellum", in quanto fabbricate e destinate al munizionamento di armi da guerra e dotate di particolare capacità offensiva, devono essere qualificate come munizioni da guerra ai sensi della legge n. 110/1975, indipendentemente dalla qualifica personale del soggetto che le detiene. La responsabilità penale dell'imputato può essere validamente accertata sulla base delle sue ammissioni rese nel corso dell'esame dibattimentale, senza che assumano rilievo eventuali circostanze favorevoli non adeguatamente considerate, né la parziale inutilizzabilità di dichiarazioni rese in sede di sequestro senza l'assistenza del difensore, atteso che tali dichiarazioni non hanno costituito l'unico elemento probatorio a fondamento della condanna.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe è stata confermata la condanna a mesi quattro di reclusione, inflitta a V. V. dal Tribunale monocratico di Napoli per illegale detenzione di munizioni da guerra - ipotesi lieve. Il giudice di appello riteneva la giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, sebbene l'imputato fosse all'epoca in servizio nella Guardia di Finanza.
La condotta tenuta (detenzione di tre cartucce cal. 9 "parabellum" in dotazione al Corpo) integrava sia il reato contestato, sia quello di ritenzione di materiali di armamento previsto dall'art. 166 c.p.m.p. Data la diversità degli interessi protetti (da un lato, prevenzione di delitti contro la vita e l'incolumità personale; dall'altro, tutela del patrimonio delle Forze Armate) non si verificava assorbimento delle due ipotesi criminose onde, attesa la connessione e la maggior gravità del reato comune, la competenza, in caso di simultaneo processo, sarebb…

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