Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è il seguente: Nell'ipotesi di condanna per uno dei reati indicati dall'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, il divieto di concessione di benefici penitenziari opera anche quando l'aggravante di cui all'articolo 7 del Decreto Legge n. 152 del 1991, convertito nella Legge n. 203 del 1991, non sia stata formalmente contestata, ma ne venga riscontrata la sussistenza attraverso l'esame del contenuto della sentenza di condanna. Pertanto, l'eventuale assenza di contestazione formale dell'aggravante speciale è irrilevante ai fini dell'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, qualora risulti concretamente che il delitto sia stato commesso con le modalità richiamate dalla norma. Inoltre, la mancanza di un percorso di rivisitazione critica del vissuto criminale del detenuto e dell'assenza di forme di riconoscimento, anche indirette, delle sue responsabilità penali, nonché l'inadempimento delle obbligazioni civili nei confronti delle vittime dei reati, impediscono di ritenere sussistente il requisito del "sicuro ravvedimento" previsto dall'articolo 176 del codice penale, indispensabile per la concessione della liberazione condizionale. Tali elementi, in assenza di una proficua partecipazione del detenuto ai programmi di trattamento e di attività rieducative, rendono irrilevante la questione di legittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 58-ter dell'Ordinamento Penitenziario, dell'articolo 2 del Decreto Legge n. 152 del 1991 e dell'articolo 176 del codice penale, in riferimento agli articoli 3, 27 e 117 della Costituzione e all'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.