Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 53011 del 21 novembre 2017

ECLI:IT:CASS:2017:53011PEN

Massima

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Il giudice chiamato ad applicare una misura di prevenzione personale nei confronti di un soggetto già condannato per reati di associazione di tipo mafioso, pur potendo inizialmente presumere la persistenza della pericolosità sociale, ha l'onere di verificare concretamente la sussistenza attuale di tale pericolosità, specie quando sia decorso un apprezzabile periodo di tempo dalla pregressa violazione penale e il proposto abbia tenuto, durante la detenzione, un comportamento regolare e sintomatico di un effettivo distacco dal contesto criminale, tale da far ritenere superata la presunzione di perdurante appartenenza all'associazione mafiosa. In tali casi, il giudice non può fare ricorso a mere presunzioni, ma deve procedere ad una puntuale motivazione sulla persistenza della pericolosità sociale, tenendo conto di tutti gli elementi concreti, anche favorevoli, emersi nel periodo successivo alla condanna penale.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni - Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere

Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 02/02/2017 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per l'annullamento del decret…

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