Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il potere di autotutela della pubblica amministrazione, volto all'annullamento di un proprio precedente provvedimento, è sottoposto a precisi limiti temporali e procedimentali stabiliti dalla legge. In particolare, l'art. 21-nonies della legge n. 241/1990 prevede che l'annullamento d'ufficio di un provvedimento amministrativo possa essere disposto solo entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione del provvedimento, e solo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o per il mutamento della situazione di fatto o di diritto. Pertanto, l'esercizio del potere di autotutela oltre il termine di decadenza previsto dalla legge, ovvero in assenza di un interesse pubblico sopravvenuto o di un mutamento della situazione di fatto o di diritto, determina l'illegittimità del provvedimento di annullamento. Inoltre, il mancato esame dei motivi dedotti nel ricorso gerarchico avverso il provvedimento di annullamento integra un vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione. Infine, l'irricevibilità di un ricorso giurisdizionale può derivare dalla mancata impugnazione di atti presupposti ormai divenuti inoppugnabili, come il rigetto di un'istanza di rinuncia a un procedimento di condono edilizio già definito positivamente.