Il potere di pianificazione urbanistica comunale, esercitato attraverso l'adozione e l'approvazione del Piano degli Interventi e delle relative varianti, è connotato da ampia discrezionalità che rispecchia valutazioni di merito riguardanti non solo l'organizzazione del territorio, ma anche il quadro più vasto delle opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico. Tali scelte urbanistiche, salvo i casi di errori di fatto, violazioni procedurali, illogicità abnormi o conflitto con aspettative qualificate, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale "in itinere" costituiscono un mero apporto nel procedimento di formazione dello strumento, senza che l'amministrazione abbia un obbligo puntuale di motivazione, la cui congruità può essere evinta anche dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali per la destinazione delle singole aree. Pertanto, il rigetto di richieste di modifica della destinazione urbanistica di aree, fondate su osservazioni presentate in sede di variante al Piano degli Interventi, non può ritenersi manifestamente illogico o ingiustificato, ove la determinazione dell'amministrazione sia adeguatamente motivata con riferimento alle esigenze di carattere generale sottese alle scelte pianificatorie.