Cassazione penale Sez. V sentenza n. 27236 del 20 giugno 2013

ECLI:IT:CASS:2013:27236PEN

Massima

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Il delitto di associazione per delinquere si configura quando vi sia la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte dei singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare per l'attuazione del programma criminoso comune. Il dolo del delitto di associazione a delinquere è integrato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in modo stabile e permanente, desumibile anche dalla stessa realizzazione in modo conforme al piano associativo. La giurisprudenza ammette che la partecipazione a un singolo episodio dell'attività delittuosa programmata possa costituire elemento indiziante dell'appartenenza all'associazione, e che indizi della partecipazione all'associazione possano desumersi da elementi di prova relativi ai reati fine anche quando essi siano stati ritenuti insufficienti allo stesso esercizio dell'azione penale per tali reati. Ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 7 della Legge n. 203 del 1991, quando si tratti di soggetti non organicamente inseriti in associazioni mafiose, è necessario che il ricorso al metodo mafioso sia accertato con maggiore rigore, costituendo l'unico presupposto che giustifica l'aggravamento sanzionatorio, del tutto svincolato dalla esistenza di una associazione. L'accertamento deve essere condotto in maniera oggettiva, tenendo conto del contesto in cui si svolge l'azione, ma soprattutto analizzando il tipo di comportamento posto in essere, alla luce della definizione fornita dall'art. 416 bis c.p., espressamente richiamato dal citato art. 7. Deve trattarsi, cioè, di un comportamento idoneo ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone, con i caratteri propri dell'intimidazione derivante dall'organizzazione criminale della specie considerata. La giurisprudenza riconosce che in tali casi non è necessario che l'associazione mafiosa, costituente il logico presupposto della condotta dell'agente, sia in concreto precisamente delineata come entità ontologicamente presente nella realtà, potendo anche essere semplicemente presumibile, nel senso che la condotta stessa, per le modalità attraverso cui si manifesta, sia già di per sé tale da evocare l'esistenza di consorterie amplificatrici della valenza criminale del reato commesso.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetani - Presidente

Dott. DE BERARDINIS Silvana - Consigliere

Dott. SABEONE G. - rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 299/2012 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 16/04/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SABEONE Gerardo;

sentite le conclusioni del PG Dott. Cesqui E., che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con ordinanza dell'11 aprile 2012, ha confermato l'ordinanza del…

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