La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: Il mancato completamento della procedura espropriativa entro il termine quinquennale di validità della dichiarazione di pubblica utilità, con l'adozione del decreto di esproprio o altro atto equipollente, determina la permanenza della situazione di illiceità dell'occupazione da parte della pubblica amministrazione, configurando un illecito aquiliano per il quale il proprietario ha diritto alla restituzione del bene, previa riduzione in pristino, nonché al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, quantificabile nel 5% annuo del valore venale del bene, comprensivo del valore del soprassuolo, detratti gli eventuali costi di bonifica imputabili al proprietario, con decorrenza degli interessi legali dalla data della sentenza e fino all'effettivo soddisfo. La pubblica amministrazione può evitare l'ulteriore maturazione del danno risarcibile provvedendo alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, mediante restituzione del bene o acquisizione dello stesso con il consenso del proprietario ovvero attraverso l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante previsto dall'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001.