Il giudice di legittimità, nell'esaminare i ricorsi avverso il decreto della Corte d'Appello che ha disposto la confisca di beni nei confronti di un soggetto ritenuto socialmente pericoloso per la sua contiguità all'associazione mafiosa, afferma che: 1. Il provvedimento di confisca dei beni, adottato contestualmente all'applicazione della misura di prevenzione personale, non è soggetto al termine di un anno (eventualmente prorogabile) dalla data dell'avvenuto sequestro, previsto dalla legge, in quanto tale termine deve essere osservato solo nel caso in cui la confisca sia disposta successivamente all'applicazione della misura personale. 2. Il giudizio di pericolosità sociale e l'epoca della sua insorgenza, se adeguatamente motivati, non sono sindacabili in sede di legittimità, se non per violazione di legge, essendo precluso il riesame della valutazione in fatto operata dai giudici di merito. 3. In tema di confisca, il sindacato di legittimità è limitato alla sola verifica della motivazione, che deve essere completa e logica nell'accertare la grave sperequazione tra le disponibilità lecite del proposto e i beni da lui acquisiti, nonché nell'escludere la provenienza da fonti lecite di tali acquisizioni, ove non adeguatamente giustificate dalla difesa. 4. L'onere della prova circa la legittima provenienza dei beni grava sul proposto, il quale deve fornire una attendibile e circostanziata giustificazione, senza che possa invocarsi una radicale inversione dell'onere probatorio.