La testimonianza della persona offesa, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, purché la relativa valutazione sia sorretta da un'adeguata motivazione, che dia conto dei criteri adottati e dei risultati acquisiti. Pertanto, per le dichiarazioni della persona offesa, non sono necessari i riscontri esterni richiesti dall'art. 192, comma 3, c.p.p., essendo sufficiente accertare la credibilità della persona offesa. Inoltre, la valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari deve essere adeguatamente motivata, senza che il ricorrente possa limitarsi a formulare generiche contestazioni, prive di specifica critica al provvedimento impugnato. L'inammissibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. c), c.p.p., consegue all'assenza di indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione.