Il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, comporta una presunzione relativa circa la sussistenza delle esigenze cautelari e l'adeguatezza della custodia cautelare in carcere, che può essere superata solo in presenza di elementi concreti idonei a dimostrare l'insussistenza del pericolo di reiterazione del reato e la sufficienza di misure meno afflittive. Pertanto, il giudice deve valutare la pericolosità sociale dell'indagato, desunta dalla gravità delle condotte contestate e dalla sua personalità, caratterizzata da precedenti penali e carichi pendenti, nonché l'idoneità delle misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari o il braccialetto elettronico, a scongiurare il pericolo di fuga e di reiterazione del reato, tenuto conto della facilità di replicare le attività delittuose in sede domestica e dell'insufficienza di tali misure a impedire i contatti con altri soggetti. Solo in presenza di elementi concreti che superino la presunzione relativa, il giudice può disporre misure cautelari diverse dalla custodia in carcere.