Cassazione penale Sez. III sentenza n. 46236 del 12 ottobre 2018

ECLI:IT:CASS:2018:46236PEN

Massima

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Il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) si configura quando sussistono i seguenti elementi: a) l'esistenza di un gruppo, i cui membri siano consapevolmente aggregati per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l'organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l'assunzione dell'impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l'apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilità dell'unione illecita. La prova del vincolo associativo può essere data anche attraverso l'accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive. Ai fini della configurabilità del reato associativo non è necessaria la presenza di una complessa ed articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, essendo sufficiente l'esistenza di strutture, anche rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il perseguimento del fine comune, in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, col contributo dei singoli associati. Inoltre, l'elemento oggettivo del reato prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente agito, per cui il coinvolgimento anche in un solo episodio criminoso non è incompatibile con l'affermata partecipazione dell'agente all'organizzazione di cui si è consapevolmente servito per commettere il fatto. Per la determinazione della pena, il giudice di merito può fare riferimento, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., a quello (o a quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena, senza dover procedere ad un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, essendo sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego delle circostanze, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente

Dott. ACETO Aldo - Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere

Dott. DI STASI Antonell - rel. Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/11/2016 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Filippi Paola, che ha concluso chiedendola declaratoria di inammissibilita' del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. (OMISSIS) che ha concluso riportandosi ai motivi.
R…

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