Il diniego di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia non può essere fondato esclusivamente sulla base della segnalazione ai sensi dell'art. 75 d.P.R. n. 309/1990 o del fatto che il familiare convivente sia stato fermato in compagnia di pregiudicati, in assenza di qualsiasi rilievo sulla condotta del richiedente e di provvedimenti penali o di prevenzione a suo carico. L'Amministrazione è tenuta a motivare adeguatamente il provvedimento di diniego, nel rispetto del principio di partecipazione procedimentale di cui all'art. 10-bis della legge n. 241/1990, indicando con precisione i presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione, senza poter fare generico riferimento a circostanze relative al familiare convivente, ove queste non siano state previamente contestate al richiedente. Il possesso di una licenza di porto d'armi per uso caccia, infatti, costituisce espressione di un diritto soggettivo del cittadino, la cui limitazione o negazione da parte dell'Amministrazione deve essere sorretta da adeguata e puntuale motivazione, fondata su elementi concreti e specifici riguardanti la condotta e l'affidabilità del richiedente, e non può essere automaticamente escluso in ragione di meri sospetti o di circostanze relative a terzi.