Cassazione penale Sez. II sentenza n. 35193 del 24 luglio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:35193PEN

Massima

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Il giudice di legittimità, nel valutare la legittimità di un provvedimento cautelare emesso dal tribunale del riesame, è tenuto a verificare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie, senza poter procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito. In tema di misure cautelari personali, la nozione di "gravi indizi di colpevolezza" di cui all'art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo con cui il termine "indizi" viene utilizzato quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza, essendo sufficiente, ai fini dell'adozione di una misura cautelare, qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli. Nell'ambito del giudizio di riesame, l'obbligo di motivazione può ritenersi adempiuto anche qualora l'ordinanza del tribunale della libertà richiami "per relationem" le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, in quanto in tal caso i due atti si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze di motivazione dell'uno possono essere sanate facendo ricorso alle argomentazioni utilizzate dall'altro. In tema di scelta delle misure cautelari, a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 47 del 2015 all'art. 275 c.p.p., comma 3, incombe sul giudice che emette o conferma un'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere il dovere di esplicitare specificamente le ragioni per le quali sono inadeguate le altre misure coercitive ed interdittive "anche se applicate congiuntamente". Tale obbligo motivazionale è adempiuto quando il giudice, sulla base di elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell'indagato, argomenta in modo congruo e immune da vizi logici circa l'inadeguatezza di misure meno afflittive rispetto alle esigenze cautelari. L'eventuale incompatibilità del detenuto con il regime carcerario, se non adeguatamente documentata, non costituisce motivo di ricorso contro l'ordinanza "genetica" della misura cautelare, potendo semmai giustificare la richiesta di revoca ovvero di sostituzione della misura custodiale.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente

Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano - Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierlui - rel. Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
contro la ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano del 23.2.2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MIGNOLO Olga, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22.2-1.3.2018, il Tribunale di Milano in funzione di Giudi…

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