Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato può essere legittimamente rifiutato o revocato quando emerga che il precedente permesso di soggiorno era stato ottenuto attraverso la presentazione di documentazione falsa relativa al contratto di lavoro, in quanto l'interesse pubblico all'ordinato flusso migratorio e alla garanzia dell'ordine e della sicurezza pubblica prevale sull'interesse dello straniero a soggiornare incondizionatamente nel territorio dello Stato. La mancata traduzione del provvedimento di diniego o revoca in una lingua conosciuta dallo straniero non costituisce vizio di legittimità, in quanto tale previsione normativa mira a tutelare il diritto di difesa senza incidere sulla correttezza del potere esercitato, e la sottoscrizione del provvedimento da parte di un funzionario delegato è valida se risulta chiaramente l'identità del sottoscrittore e la delega del dirigente. Inoltre, il preavviso di rigetto non è necessario quando il diniego o la revoca del permesso di soggiorno derivano da un precedente provvedimento divenuto definitivo e non impugnato, in quanto in tal caso la natura vincolata dell'atto successivo giustifica l'omissione di tale adempimento procedimentale.