Il giudicato cautelare impedisce la riproposizione di questioni già decise in precedenti fasi processuali, in assenza di elementi di novità. Le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva "endoprocessuale" riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame. Il principio di diritto affermato nella sentenza è che il giudicato cautelare, formatosi a seguito dell'esaurimento dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge, impedisce la riproposizione di questioni già decise in precedenti fasi processuali, in assenza di elementi di novità. Le ordinanze in materia cautelare hanno efficacia preclusiva "endoprocessuale" riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, per cui una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere nuovamente proposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già esaminati. Questo principio si fonda sull'esigenza di garantire la stabilità e l'efficacia delle decisioni giurisdizionali in materia cautelare, evitando la reiterazione di questioni già definitivamente risolte, salvo il sopravvenire di nuovi elementi. La massima esprime in modo chiaro, astratto e conciso il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato e senza riferimenti al caso specifico.