La partecipazione al reato di omicidio premeditato, anche se non in veste di esecutore materiale, può essere ritenuta sussistente quando il concorrente, pur non avendo materialmente commesso il fatto, abbia comunque contribuito in modo determinante alla realizzazione del delitto, rafforzando il proposito criminoso degli altri partecipi, predisponendo l'ambiente per l'agguato, aprendo la porta alla vittima per farla cadere in trappola o comunque svolgendo un ruolo funzionale all'esecuzione del crimine. In tali casi, la condotta del concorrente, ancorché non di protagonista, non può essere considerata meramente connivente o fungibile, ma assume rilevanza causale ai fini della configurazione del concorso nel reato, anche in assenza di una partecipazione diretta all'azione omicida. La valutazione della credibilità e attendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, pur in presenza di eventuali discrepanze o divergenze su aspetti marginali, deve essere effettuata complessivamente, avendo riguardo alla convergenza dei loro racconti sui nuclei essenziali del fatto, alla loro coerenza logica e alla presenza di riscontri oggettivi, senza che la mera successione cronologica delle propalazioni possa inficiarne l'autonomia e spontaneità. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione della prova, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di motivazione manifestamente illogica o irrazionale.