Consiglio di Stato sentenza n. 2646 del 2024

ECLI:IT:CDS:2024:2646SENT

Massima

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Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, afferma che la richiesta di integrazione documentale inviata dall'amministrazione comunale all'interessato, in applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'attività amministrativa, nonché di massima tutela degli interessi anche procedimentali del privato, incide in modo determinante sulla decorrenza del termine per l'esercizio del potere inibitorio da parte dell'amministrazione, in quanto evidenzia la mancanza di atti indispensabili per l'individuazione stessa dell'intervento progettato. Pertanto, il successivo provvedimento di diffida e la nota dell'amministrazione comunale, che non perde comunque il suo potere di vigilanza circa la conformità delle opere agli strumenti urbanistici e alla disciplina edilizia, sono da ritenersi tempestivi ed immuni dalle dedotte illegittimità. Inoltre, il Consiglio di Stato afferma che le misure di salvaguardia rappresentano un mezzo diretto ad evitare che, nelle more del procedimento di approvazione degli strumenti di pianificazione, le richieste dei privati, fondate su una pianificazione ritenuta non più attuale, finiscano per alterare profondamente la situazione di fatto e, quindi, per pregiudicare definitivamente gli obiettivi generali cui invece è finalizzata la programmazione urbanistica generale. Pertanto, anche gli interventi edilizi realizzabili senza alcun titolo abilitativo, come avviene nel caso della DIA, devono essere conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici adottati, senza necessità di pubblicazione o di una dichiarazione di esecutività dello strumento edilizio, essendo sufficiente la sola adozione come condizione per la loro applicazione. Infine, il Consiglio di Stato ritiene corretta l'interpretazione dell'art. 38 delle NTA da parte del Tribunale amministrativo regionale, secondo la quale il corpo di fabbrica oggetto di intervento deve essere considerato come un tutt'uno rispetto al resto della costruzione direttamente addossata all'edificio di categoria A1, in quanto tale lettura, rispettosa dell'esigenza di conservare un ordinato assetto urbano del centro storico, nonché di preservare i diritti dei terzi, non può ritenersi irragionevole o contraria al favor manifestato dal legislatore regionale con la l. r. n. 12 del 2005, poiché l'attività di recupero dei sottotetti deve svolgersi comunque nel rispetto delle esclusioni e delle condizioni stabilite dagli enti locali.

Sentenza completa

Pubblicato il 19/03/2024

N. 02646/2024REG.PROV.COLL.

N. 00969/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 969 del 2019, proposto da ((omissis)), rappresentato e difeso dagli avvocati ((omissis)) e ((omissis)), con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ((omissis)) in Roma, via ((omissis)) n. 24;

contro

Comune di Darfo Boario Terme, non costituito in giudizio;

nei confronti

((omissis)), ((omissis)) e ((omissis)), rappresentati e difesi dall'avvocato ((omissis)), con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata…

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