Il mutamento di orientamento giurisprudenziale, anche intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, non determina di per sé la revoca della sentenza di condanna passata in giudicato, qualora tale mutamento sia successivo al passaggio in giudicato della pronuncia. L'imputato, in tal caso, avrebbe dovuto avvalersi degli ordinari strumenti di impugnazione per far valere la corretta interpretazione della norma incriminatrice, postulando l'annullamento della sentenza sulla base della favorevole pronuncia delle Sezioni Unite intervenuta prima del passaggio in giudicato. L'articolo 673 c.p.p., che prevede la revoca della sentenza in caso di abolitio criminis, non trova applicazione analogica in ipotesi di semplice mutamento giurisprudenziale, in quanto tale norma presuppone la sopravvenienza di una nuova legge penale più favorevole al reo. Il principio di legalità, anche nella sua accezione convenzionale, non impone l'estensione della revoca della sentenza passata in giudicato ai casi di mutamento giurisprudenziale, atteso che l'imputato aveva a disposizione gli ordinari mezzi di impugnazione per far valere la nuova interpretazione favorevole della norma incriminatrice.