Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 20252 del 8 maggio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:20252PEN

Massima

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Il giudice di legittimità, nel confermare la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'indagato per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, afferma che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, anche se provenienti da un gruppo criminale diverso da quello di appartenenza dell'indagato, possono essere considerate chiamate in correità ai sensi dell'art. 210 c.p.p. e utilizzate ai fini della valutazione della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, purché siano oggettivamente riscontrate da altri elementi probatori. Inoltre, il ruolo dell'indagato all'interno dell'associazione mafiosa non deve limitarsi a una mera indicazione di appartenenza, ma deve essere supportato da elementi che dimostrino il suo concreto coinvolgimento nelle attività criminose, come la partecipazione a riunioni decisionali e a sopralluoghi finalizzati ad azioni violente.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente

Dott. GIANESINI Mauriz - rel. Consigliere

Dott. TRONCI Andrea - Consigliere

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 18/12/2017 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIANESINI MAURIZIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. ANIELLO ROBERTO, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso per Cassazione contro l'ordinanza con la quale il Tribunale di NAPOLI, in sede di riesame, ha confermato la misura cautelare genetica d…

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