Il provvedimento di informazione antimafia interdittiva, pur rientrando nella discrezionalità del Prefetto, deve essere adeguatamente motivato in relazione alla sussistenza di elementi concreti e specifici idonei a far ritenere che l'attività di impresa possa agevolare l'infiltrazione mafiosa o esserne in qualche modo condizionata. In assenza di una sufficiente istruttoria e di una correlata argomentazione motivazionale volta a delineare i profili e il carattere mafioso dei precedenti penali gravanti su uno dei soci dell'impresa, il provvedimento interdittivo è illegittimo, in quanto non rispettoso dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, con potenziale lesione dello spazio applicativo individuale di cui all'art. 41 Cost. Il giudice amministrativo, pur nel rispetto della discrezionalità prefettizia, può rilevare l'irragionevolezza della valutazione operata dall'Amministrazione, in particolare quando non emerga una connotazione mafiosa degli addebiti posti a carico del soggetto interessato e non siano stati evidenziati gli elementi sintomatico-presuntivi elaborati dalla giurisprudenza, dai quali possa ricavarsi il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata nell'attività di impresa.