Il reato di violazione di sigilli di cui all'art. 349 c.p. si configura indipendentemente dalla legittimità o dall'efficacia del provvedimento di sequestro, essendo sufficiente che i sigilli siano stati apposti per disposizione di legge o per ordine di un'autorità competente, amministrativa o giudiziaria. Pertanto, il custode giudiziario nominato è tenuto a non procedere nella realizzazione di opere edilizie nonostante il rilascio di autorizzazioni amministrative, in costanza dell'apposizione dei sigilli, in quanto il vincolo di indisponibilità materiale del bene e l'efficacia dei sigilli che lo rendono manifesto permangono fino alla loro rimozione da parte degli organi dell'esecuzione. L'elemento soggettivo del reato sussiste anche in caso di mancata notifica del provvedimento di convalida del sequestro, in quanto il custode giudiziario è comunque a conoscenza dell'apposizione dei sigilli e del conseguente divieto di prosecuzione dei lavori. Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sola incensuratezza dell'imputato non è più sufficiente dopo la modifica dell'art. 62-bis c.p., essendo necessario che il giudice dia conto di ulteriori elementi concreti che giustifichino la riduzione del trattamento sanzionatorio.