Cassazione penale Sez. II sentenza n. 29481 del 16 luglio 2009

ECLI:IT:CASS:2009:29481PEN

Massima

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Il dolo del reato di tentata estorsione richiede la consapevolezza dell'agente di perseguire un profitto ingiusto o esorbitante, non dovuto, attraverso l'uso di violenza o minaccia. Pertanto, ai fini della configurabilità del delitto, è necessario accertare l'atteggiamento psicologico dell'imputato con specifico riferimento alla conoscenza dell'illegittimità della propria pretesa, non essendo sufficiente la mera volontà di ottenere il pagamento di somme ritenute dovute. Ove l'imputato agisca nella convinzione della legittimità della propria richiesta, ancorché formulata con modalità minacciose, potrà configurarsi, in alternativa, il meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Il giudice è pertanto tenuto a valutare, sulla base delle concrete circostanze del fatto, se l'imputato abbia agito con la consapevolezza dell'ingiustizia del profitto perseguito, elemento essenziale per la sussistenza del dolo del reato di tentata estorsione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente

Dott. CAMMINO Matilde - Consigliere

Dott. GALLO Domenico - Consigliere

Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere

Dott. CERVADORO Mirella - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ZA. An. , n. (OMESSO);

avverso la sentenza emessa in data 30 giugno 2008 dalla Corte di appello di Brescia;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Matilde Cammino;

udita la requisitoria del Pubblico Ministero, Sost. Proc. Gen. Dott. DELEHAYE Enrico, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

sentito per la parte civile l'avv. Alberto Sanjust di Teulada del foro di Milano, in sostituzione del…

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