Il mutamento della destinazione d'uso di un immobile all'interno della medesima categoria funzionale (residenziale, compresi i servizi strettamente connessi) è sempre consentito, senza necessità di alcuna specifica autorizzazione, in quanto urbanisticamente irrilevante, purché non alteri il carico antropico della zona e non risulti in contrasto con la destinazione d'uso legittimamente autorizzata in sede di rilascio del titolo edilizio. Pertanto, l'ordine di ripristino della destinazione d'uso "legittimamente autorizzata" è illegittimo qualora gli immobili, pur essendo stati originariamente destinati a servizi e attrezzature collettive, siano stati realizzati e concretamente utilizzati come unità abitative, senza che ciò comporti una modifica del carico urbanistico. Inoltre, tale ordine è affetto da vizi di errore nei presupposti e difetto di istruttoria qualora, nel frattempo, siano venute meno le strutture e le attività cui gli immobili erano originariamente funzionalmente collegati. In tali ipotesi, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della medesima categoria funzionale (residenziale) è conforme alla normativa urbanistica vigente e non può essere sanzionato dall'amministrazione comunale, anche in considerazione del fatto che i proprietari hanno acquistato gli immobili in una procedura fallimentare svoltasi sotto il controllo dell'autorità giudiziaria.