Il pubblico ufficiale che, in violazione dei doveri inerenti alle proprie funzioni, rivela notizie coperte dal segreto d'ufficio al fine di favorire l'elusione delle attività investigative da parte di un soggetto indagato per reati di associazione di stampo mafioso, commette il reato di favoreggiamento personale, il quale può concorrere con il reato di rivelazione di segreti d'ufficio. A tal fine, non è necessario l'effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, essendo sufficiente la prova dell'oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia. Inoltre, ai fini della configurabilità del reato di rivelazione di segreti d'ufficio, non è richiesta l'individuazione del pubblico ufficiale che abbia originariamente rivelato le notizie segrete. Il giudizio di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare non può riguardare la ricostruzione dei fatti, essendo inammissibili le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.