Cassazione penale Sez. V sentenza n. 48895 del 25 ottobre 2018

ECLI:IT:CASS:2018:48895PEN

Massima

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Il delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto (art. 615-ter c.p.) si configura quando il soggetto, pur essendo abilitato all'accesso, vi acceda o si mantenga in esso violando le condizioni e i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne l'accesso, a prescindere dalle finalità soggettive che abbiano motivato l'ingresso. Ciò in quanto la volontà del titolare di escludere l'agente si connette soltanto al dato oggettivo della permanenza nel sistema, non già ai fatti successivi. Pertanto, integra il reato la condotta di colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita, venendo meno il titolo legittimante l'accesso e la permanenza. La qualifica dirigenziale del soggetto, che gli consente ampi poteri di gestione e controllo dell'intera attività aziendale, non esclude la possibilità che vi siano aree informative riservate e protette da password, la cui violazione integra il reato, anche quando il dirigente agisca nell'ambito delle sue funzioni ma per finalità estranee a quelle per cui gli è consentito l'accesso. La valutazione della prova testimoniale rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica e immune da vizi logici o contraddittorietà. Pertanto, le censure che si limitano a sollecitare una diversa valutazione delle risultanze probatorie sono inammissibili. Ai fini della configurabilità del reato di rivelazione di segreti industriali (art. 623 c.p.), il concetto di notizia destinata al segreto va elaborato con riferimento all'interesse del titolare dell'azienda a che non vengano divulgate informazioni attinenti ai metodi di progettazione, produzione e messa a punto dei beni prodotti, ossia al know-how aziendale, inteso come patrimonio cognitivo ed organizzativo necessario per la costruzione, l'esercizio e la manutenzione dell'apparato industriale. Tale nozione non coincide necessariamente con quella di informazioni segrete tutelate dall'art. 98 del Codice della proprietà industriale, potendo rilevare anche informazioni riservate non caratterizzate dai requisiti di segretezza e segretazione previsti da tale disposizione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano - Presidente

Dott. SCOTTI U. L. C. - rel. Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. - Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/12/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LIGNOLA Ferdinando, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore di parte civile, avv. (OMISSIS) che ha chiesto dichiararsi inammissibile …

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