Il provvedimento di confisca dei beni, adottato ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 24, può essere legittimamente disposto sulla base di gravi indizi di attività delittuose, in particolare di traffico di stupefacenti, e della sproporzione tra il reddito dichiarato e il patrimonio posseduto dal soggetto proposto per l'applicazione della misura di prevenzione. Il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione su tali provvedimenti è limitato alla sola violazione di legge, essendo precluso il riesame della motivazione per vizi di illogicità manifesta. Pertanto, il ricorso per cassazione è ammesso esclusivamente per denunciare l'inesistenza o la mera apparenza della motivazione, non potendosi censurare la valutazione degli elementi di fatto operata dal giudice di merito, come la ricostruzione del patrimonio del proposto, l'interpretazione delle intercettazioni telefoniche o la valutazione di dichiarazioni a lui favorevoli. La Corte di Cassazione, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso, ha confermato la legittimità del provvedimento di confisca, rilevando che il giudice di appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, richiamando gli elementi gravemente indizianti dello svolgimento da parte del proposto di attività di traffico di stupefacenti e la sproporzione tra il suo reddito e il patrimonio posseduto.