Il giudice di legittimità, nell'esaminare i ricorsi proposti avverso la sentenza di appello che ha dichiarato l'estinzione per prescrizione di alcuni reati contestati agli imputati, afferma che: 1) La questione di legittimità costituzionale sollevata è inammissibile per essere stata espressamente rinunciata dal difensore. 2) Le doglianze relative all'acquisizione delle dichiarazioni rese dai coimputati in procedimento connesso sono infondate, in quanto tali dichiarazioni sono state acquisite nel rispetto della normativa transitoria applicabile. 3) I motivi di ricorso attinenti al merito della causa, come l'accertata integrità delle buste contenenti le offerte, non sono proponibili in sede di legittimità, in assenza di macroscopiche carenze o illogicità della motivazione. 4) La lamentata violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. in ordine al difetto di correlazione tra accusa e sentenza non è rilevabile in cassazione, una volta accertata la prescrizione del reato, salvo che la sentenza abbia deciso anche in ordine al risarcimento dei danni o alle restituzioni. 5) Le censure generiche relative all'esclusione dell'aggravante ex art. 61 n. 2 c.p. e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sono inammissibili, essendo state adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito. 6) La richiesta di declaratoria di prescrizione anche per il reato di corruzione contestato è inammissibile, in quanto il termine di prescrizione non risultava ancora maturato al momento della decisione impugnata. In conclusione, i ricorsi sono dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.